Il ‘modello aristocratico’ e la città industriale Tipologie del servizio domestico a confronto: Firenze e Prato nel secolo XIX
Abstract
Il ‘modello aristocratico’ e la città industriale. Tipologie del servizio domestico a confronto: Firenze e Prato nel secolo XIX
Qual è il significato sociale dell’impiego di servitù nel secolo scorso: lo si può considerare una sorta di patente di status ‘borghese’, o semplicemente la risposta ad esigenze di carattere pratico? Queste le domande fondamentali all’origine del saggio, al centro peraltro di un vivace dibattito storiografico imperniato sulla definizione, in generale, dei criteri e deigli indicatori utilizzabili per l’analisi degli stili di vita dei ceti medi urbani.
L’approccio metodologico è quello di un’analisi comparata, sulla base dei dati forniti dal «Censimento» granducale del 1841, di due realtà tanto vicine nello spazio quanto diametralmente opposte, per quel che riguarda la struttura economica e sociale, come Firenze e Prato: l’una città terziaria e prettamente aristocratica, l’altra tipico centro industriale. E la conclusione a cui si giunge, pur dal raffronto di due realtà urbane così diverse, è che, in entrambi i casi, la risposta ai quesiti di partenza risulta negativa. Non solo, ma le domande stesse sembrano in sostanza perdere di significato. Quello che si evince dal confronto dell’impiego di servitù nelle due città toscane è che, nonostante le forti differenze – in primo luogo per quanto riguarda il numero dei percettori di servizi –, né a Firenze né a Prato a disporre di aiuti domestici sono solo famiglie borghesi in senso stretto. Anche se la presenza di servi non si registra mai presso gli strati inferiori della popolazione, non si può dire altrettanto per alcuni settori di lower middle class in ascesa sulla scala sociale. Ma nemmeno il criterio della funzionalità sembra trovare riscontro nei dati forniti dai censimenti parrocchiali: non sono né le famiglie più numerose, né quelle in cui sono presenti in misura maggiore bambini piccoli, o in cui la padrona di casa svolge una qualche attività, ad avere servitù alle proprie dipendenze. Quello che colpisce è piuttosto la forte discrezionalità delle scelte individuali, soprattutto a Prato, che induce ad una nuova formulazione del problema. Non risulta infatti tanto l’appartenenza a determinate categorie professionali l’elemento determinante nella definizione dei comportamenti dei diversi gruppi sociali, quanto – come hanno suggerito del resto sia le ricerche di Crossick che di Szreter – la loro dislocazione all’interno dello spazio urbano.
The ‘aristocratic model’ and the industrial city. Typologies of domestic service in comparison: Flo- rence and Prato in the 19th century
What is the social meaning of servitude employment in the last century: a sort of ‘bourgeois’ status symbol, or simply the answer to demands and needs of practical matters? These are the fundamental questions upon which the essay is based on, in the middle of a vivacious history debate pivoted on the definition, in general, of the criterions and of the usable indicators for the analysis of the lifestyles of the urban middle classes.
The methodological approach is that of a comparative analysis, based on the data provided by the 1984 Grand-ducal «Census», of two worlds so physically close and yet so diametrically opposed regarding the economic and social structure, like Florence and Prato: the one city tertiary and purely aristocratic, the other a typical industrial centre. The conclusion, at which we arrive, from the comparison of two so different urban realities, is that, in both cases, the answers to the questions we began with are negative. Not only that, but the questions themselves seem in substance to lose meaning. What is deduced by the comparison of the servitude employment of the two Tuscan cities is that, despite the strong differences – in the first place concerning the number of service collectors – neither in Florence nor in Prato do only bourgeois families have domestic help. Even if the presence of servants is never recorded in the inferior levels of the population, the same cannot be said for some sectors of the lower middle class climbing the social ladder. But not even the criterion of functionality seems to find a verification in the data provided by the parish censuses: it is not the most numerous families nor those in which small children are present in greater measure, or those in which the owner carries out a particular activity to have servitude. What strikes more is rather the strong discretion of the individual choices, especially in Prato, that induces a new formulation of the problem. In fact the affiliation to specific professional categories does not result so much as the conclusive element in defining the behaviour of different social groups, as much as – suggested in Crossick and Szreter research – their removal inside the urban space.
Keywords
Views: 3358
Downloads: 2599